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Grande storico e scrittore, Leopoldo Pagano nacque a Diamante il 23 maggio del 1815, fu consacrato sacerdote nel 1838, laureandosi a Napoli in lettere e filosofia. Nel 1839 fu nominato Maestro di Agricoltura di Diamante, tenne cattedra di lettere italiane e latine nel seminario di San Marco e Bisignano. Divenne canonico della Cattedrale di Bisignano nel 1846. Aprì scuole private anche a Paola, Bisignano, Rogliano, Policastro e Napoli. Ha insegnato per lo spazio di venti anni Grammatica, Storia, Geografia, Lingua Italiana e Latina, Eloquenza, Filosofia, Teologia, da maestro privato in Diamante, Paola, Rogliano. Collaborò a numerosi periodici e scrisse decine e decine di saggi sulla Calabria. Morì in Napoli il 10 aprile del 1862. Tutta la famiglia dei Pagano fu composta da letterati, tutti nati a Diamante. Un fratello di Leopoldo, Bernardo è sepolto nel cimitero di Diamante.
Grande storico e scrittore, Leopoldo Pagano nacque a Diamante il 23 maggio del 1815, fu consacrato sacerdote nel 1838, laureandosi a Napoli in lettere e filosofia. Nel 1839 fu nominato Maestro di Agricoltura di Diamante, tenne cattedra di lettere italiane e latine nel seminario di San Marco e Bisignano. Divenne canonico della Cattedrale di Bisignano nel 1846. Aprì scuole private anche a Paola, Bisignano, Rogliano, Policastro e Napoli. Ha insegnato per lo spazio di venti anni Grammatica, Storia, Geografia, Lingua Italiana e Latina, Eloquenza, Filosofia, Teologia, da maestro privato in Diamante, Paola, Rogliano. Collaborò a numerosi periodici e scrisse decine e decine di saggi sulla Calabria. Morì in Napoli il 10 aprile del 1862. Tutta la famiglia dei Pagano fu composta da letterati, tutti nati a Diamante. Un fratello di Leopoldo, Bernardo è sepolto nel cimitero di Diamante.


Fonti: <nowiki>https://www.firmiamo.it/IT/firma-la-petizione/leopoldo-pagano-non-si-tocca-57695</nowiki
''Fonti: <nowiki>https://www.firmiamo.it/IT/firma-la-petizione/leopoldo-pagano-non-si-tocca-57695</nowiki>''


da Luigi Accattatis, Le biografie degli Uomini illustri delle Calabrie, Cosenza, 1877
[[Leopoldo Pagano]] nacque nella piccola terra di Diamante nella Calabria Citeriore a dì 23 maggio 1815 da Luigi, discendente di una delle più antiche famiglie, e da Giuseppa Lancellotti di Cipollina. La casa Pagano di Diamante è oriunda della città di San Marco Argentano, dalla quale il suo settimo padre venne, come pare, nel 1648 ad abitare in quell'ameno villaggio , dove il gran principe di Bisignano e di Belvedere, Tiberio Carofa, aveva aperto un asilo . Il suo genitore, Luigi, era molto addentro nelle discipline giuridiche, ed esercitava con lieti auspicii l'avvocheria; onde col lavoro e con la successione paterna ebbe l'agio di formarsi una mediocre proprietà, a fine di educare i suoi figli, dirigendoli specialmente allo studio delle lettere, di cui viveva teneramente appassionato. Scrisse alcune poesie campestri, e molte allegazioni per ufficio della professione.
[[Leopoldo Pagano]] prescelse la carriera ecclesiastica, e fu ordinato sacerdote nel marzo del 1838 per le mani del proprio Vescovo [[Felice Greco]] in San Marco. Dietro aver servita la sua Diocesi con le più belle e generose intenzioni fu nel 1846 nominato Canonico della Chiesa cattedrale di Bisignano da [[Mariano Marsico]], ch'era succeduto al [[Felice Greco|Greco]], e che molto lo pregiava.
Fu nominato confessore ''utriusque sexus'' nel 1842 per la Diocesi di San Marco e Bisignano, e nel 1848 per l'Arcidiocesi di Cosenza. Ebbe patenti di predicatore quaresimale per le chiese di Diamante, San Marco, Bisignano; e sostenne con maschia eloquenza la parola divina. - Ma non occorre conoscere quanto egli abbia meritato per incarichi ed onori ecclesiastici, e nemmeno le vicende della sua breve vita, ch'egli divise fra le cure ecclesistiche, la scuola e gli affari domestici.. Dove si distinse fu nello studio delle memorie patrie.
Nel 1839 fu nominato maestro di Agricoltura in Diamante con l'ufficio dell'Intendente della provincia Andrea Lombardi, uno dei suoi esimii estimatori e protettori; e poi maestro privato di belle lettere e filosofia con decreto del 18 febbraio 1847, essendo stato prima licenziato in lettere amene e filosofia nel 3 dicembre 1845 con diploma dell'Università di Napoli.
Fu aggregato, come socio corrispondente, a dì 11 aprile 1839 all'Accademia Cosentina; nel 2 aprile 1840 all'Accademia Florimontana di Monteleone; nel 21 luglio 1840 Alla Società Economica della Calabria Citeriore; nel 1° luglio 1841 a quella degli Affaticati di Tropea; nel 1842 agli Zelanti di Acireale; nel 1844 all'Arcadia di Roma; nel 1851 agl'Industriosi d'Imola, ed alla Società Aretina di Arezzo in Toscana.
Le occupazioni di pedagogia e d'istruzione letteraria e scientifica del Pagano cominciano dal 1834. Ha insegnato per lo spazio di venti anni Grammatica, Storia, Geografia, Lingua Italiana e Latina, Eloquenza, Filosofia, Teologia, da maestro privato in Diamante, in Paola, in Rogliano, in Napoli, e ne' seminarii di San Marco e Bisignano. Fu invitato per insegnare in Policastro, in Aprigliano e in altri luoghi. Dovunque si recò lasciò desiderio grande di sè, specialmente in San Marco e Bisignano, teatro delle sue glorie.
Tenne corrispondenza con parecchi uomini illustri, fra i quali ricordiamo Vito Capialbi, Andrea Lombardi, Cesare Marini, Luigi e Vincenzo Greco, Giulio Minervini, Vincenzo Lomonaco, Antonio Mirabelli, Giuseppe Campagna, Filippo Cirelli , De Ritis , Raffaele Valentini, Pietro Giannone, Ferdinando Scaglione ed altri molti.
Il canonico [[Leopoldo Pagano]] consacrò tutto se stesso a benefizio delle lettere  e della storia patria. Se nonchè bisogna conoscere l'indole del suo ingegno ed il genere degli studi ai quali si era massimamente applicato. Aveva un ingegno eminentemente critico; ma essendo dotato di somma moderazione, e propostasi la investigazione del vero, la critica di lui è retta, nè reca altrui noia e spavento, come di leggieri si può ravvisare nelle sue scritture. - Gli studi a cui maggiormente si era dedicato, senza dimenticare gli studi ecclesiastici, ai quali era chiamato dal proprio stato, furono la ''Letteratura'' e la ''Storia di Calabria''. Nella prima immaginava un nuovo sistema filologico; e merita di esser letta la difesa del sonetto di Onofrio Minzoni intorno la morte di G.C., ch'era stato aspramente censurato dal Foscolo, e i quatro discorsi concernenti l'andamento delle scuole di belle lettere ed un nuovo sistema di filologia universale e secondaria, dove sono sparse alcune idee nuove e profonde, e la lettera intorno agli studi della lingua italiana. Aveva raccolta buona materia per un Dizionario di barbarismi della lingua italiana, che poteva servire di giunta al Vocabolario universale di Napoli. Nel 1846 il suo articolo riguardante il sonetto di Minzoni ebbe in Cosenza applausi, ma da quei pochi che per doti d'intelligenza si sollevavano sopra la corrente. La universalità, letto il titolo, avea sogghignato, non per la bontà della materia, ma perchè lo scritto non era sentimentale. Ma l'autore amava più la severità della critica, che la forma poetica dalle rosee tinte.
Rispetto alla ''Storia di Calabria'', messi da parte parecchi scritti con erudizione ed eleganza, è bastante ricordare le tre dissertazioni topografiche, orteologiche e storiche delle tre città italo-greche di Lao, di Tempra e di Terina. La prima è stata pubblicata negli Atti dell'Accademia Cosentina, e poi nel giornale Napoletano ''Il Progresso''. In esso si stabilisce il sito della città di Lao, la quale era posto un poco al di sopra di Scalea. - Con l'altra dissertazione, messa a stampa pure negli Atti sovraccennati, l'autore ventilando le varie opinioni degli scrittori moderni intorno al sito di Tempra, colloca quella città nel lido occidentale della Calabria, e propriamente a Cedraro con la scorta della Tavola Teodosiana. - Con la terza dissertazione conferma il sito di Terina essere in Tirena nel contado Nocerino. Se l'autore vi avesse aggiunta la dissertazione di Cirella e di Clampezia, che fu per molto tempo manoscritta, avrebbe presentato il più accurato, esatto e minuto trattato dei siti antichi della Calabria Occidentale, dal fiume Mercurio al fiume Savuto. Ma l'opera che rende immortale il nome di [[Leopoldo Pagano]] è la ''Storia generale della Calabria'', della quale uscirono alcuni saggi nel ''Pitagora'' l'anno 1845. Quest'opera può dirsi la somma, il compendio e lo scopo di tutte le sue fatiche; ed è tratta da un ricco materiale ammonito da lui medesimo col titolo di ''Selva Calabra''. Sono quindici volumi manoscritti , dove si trovano raccolte le più rare e peregrine notizie archeologiche sulla Calabria, le quali interessano eziandio l'intera nazione italiana . Ci ha lavorato indefessamente dal 1834 al 1862, epoca della sua morte.
Il [[Leopoldo Pagano|Pagano]], quantunque distratto per le cure della scuola, per gli uffici ecclesistici e per gli affari domestici, attese tuttavia con indomita costanza a scrivere, e fin dal 1838 mandò per le stampe le sue produzioni. Collaborò in diversi periodici letterari, e specialmente i suoi scritti fregiano le colonne del ''Calabrese'' di Cosenza, del ''Pitagora'' di Scigliano, del ''Maurolico'' e della ''Fata Morgana'' di Messina, dell' ''Omnibus'', del ''Poliorama'', del ''Filiatre Sebezio'' di Napoli. Fu collaboratore nel ''[[Il Regno delle due Sicilie descritto e illustrato|Regno illustrato delle Due Sicilie]]'', dove pubblicò la [[Monografia di Bisignano]], siccome nel ''Dizionario Topografico'' avea pubblicata quella di Buonvicino. - Nell' ''Enciclopedia dell'Ecclesistico'' furono inserite le due dotte memorie sopra le Chiese di Bisignano e San Marco e sopra Rossano, col titolo di ''Cenno storico''; le quali memorie vennero accolte con plauso dagli amatori delle cose patrie, e in particolar modo quest'ultima, in cui l'autore aveva spiegato un acume di mente non ordinario. Una memoria sulle ''febbri intermittenti'' di Cosenza fu premiata da quell'Accademia. Altre Accademie come la ''Pontaniana'' di Napoli, elogiavano le sue elucubrazioni, e ne facevano gran conto.
L'ingegno di [[Leopoldo Pagano]] raccolse una ricca messe in tre vasti campi: nella ''Letteratura'', nella ''Storia patria'', nella ''Teologia''. Sopra quest'ultima avea apparecchiato un ''saggio d'idee storiche, filosofiche e teologiche sull'Immacolato Concepimento'', opera rimasta tuttavia inedita, e quasi in abbozzo. Pubblicò soltanto il rendiconto dei materiali dati alla luce sopra questo soggetto in forma di lettera apologetica, che fu indirizzata al Sommo Pontefice Pio IX.
La novità delle indusioni topografiche, etnografiche e storiche, l'arditezza delle divinazioni, la vastità e la giustezza dell'erudite cognizioni e la concisione e nettezza dello stile fanno pregiare assai le produzioni del [[Leopoldo Pagano|Pagano]]. Parlando della memoria dei Focesi e Tirreni di Enotria, la quale entra nella parte preliminare e polemica della storia di Calabria, egli stesso scriveva: «Quest'ultima dissertazione mi avea costato grandi fatiche, ma io era assai contento del lavoro che mi avea trasportato a scoperte ed opinioni, le quali mi aveano fatto meravigliare. Io ci vedea una specie d'inspirazione. Il lavoro ora ha molto avanzato di queste doti, che cotanto apprezzava. Io bramava di passare oltre. Dimenticate le lodi e disprezzando le minuzie e guardando solo ne' valenti e grandi scrittori, conobbi quanto mi mancava per seguire il corso dei lumi del secolo; ma non mi sconfortai, e raddoppiando gli sforzi, mi volsi alla nuova via, che doveva battere.» Queste parole egli lasciava scritte nel 1849 tra le sue carte. Infatti dirizzò la mente alla nuova via, e scrisse lavori di maggior lena. Prodotto di questi suoi nuovi studi fu la ''Vita di Pietro delle Vigne'', che mandò all'Accademia Pontaniana, e dalla quale ebbe l' ''accessit'' nel concorso a premio. L'opera è inedita, e si conserva negli archivi della prefata Accademia, aspettando la mano benigna, che la tragga dalle tenebre per dovere di patria carità. Egli rannodava così la storia di Calabria a quella generale dell'Italia, illustrando un periodo importante della nostra vita civile e letteraria.
Nel 1844 fu invitato a coprire la rubrica della storia patria del ''Calabrese'', giornale che si stampava a Cosenza. Il sig. Saverio Vitari, che n'era il Direttore, gradì con molta cortesia i suoi primi articoli, ed ai 16 agosto di quell'anno gli scriveva così: « Io non so lusingarvi, ma posso accertarvi, che tutti i lettori del ''Calabrese'' hanno in pregio il vostro lavoro, e vi scorgono una immensa capacità e diligenza nello scrivere. Gli articoli di tal modo saranno sempre estimati per la erudizione che vi si contiene.» Alludeva agli scritti sulla circoscrizione civile ed ecclesiastica di Calabria nel medio evo.
[[Leopoldo Pagano]] non ebbe parte alcuna nei movimenti politici per l'azione. Ma vi partecipò nel campo del pensiero, illustrando nella quiete degli studi le memorie patrie, e risvegliando i morti, per essere di esempio ai vivi. ''De' chiari uomini dir si debbono le lodi'', pose per motto ad una sua scrittura. - Nella vita praticò quella massima di Alessandro Manzoni; ''bisognerebbe pensare più a far bene che a star bene''; e ne porse l'esempio, scendendo nel sepolcro in età immatura, di anni 47. Fu sobrio, laborioso ed onestissimo. Ciò che veramente lo distingueva era la rettitudine dell'animo e la fermezza del carattere. Ma i buoni quaggiù soggiacciono alle ire dei tristi e infingardi. Divenuto segno della più cieca e irraggionevole invidia, si ritrasse in Napoli, ove giunse nel 4 agosto 1852, eleggendo un genere di vita quieto e modesto, che gli dava la bella opportunità di ripristinare la sua cagionevole salute e di potere nel silenzio e nella pace continuare una vita esposta a tutte le insidie, a tutti i disagi e a tutti gli obbrobri. - Cessò di vivere ai 10 aprile 1862 coi conforti della religione, mentre il suo ultimo fratello Vincenzo, ahi inconsolabile per l'acerbo dolore, gli sedeva a fianco lagrimando! Così si estinse la sua preziosa esistenza, e non se ne fece motto, passando quasi inosservata. Ora incomincia a risorgere.
[[Leopoldo Pagano]] fu alto della persona, avea neri i capelli; larga la fronte e spaziosa; il volto ispirava fiducia e maestà insieme. L'avresti detto al solo vederlo, uomo serio e virile. Le sue sembianze portavano scolpiti i lineamenti della verità e della giustizia; sembrava il tipo di un uomo antico, come se fosse nato in Roma o nella Grecia. Nel parlare era arguto e sentenzioso; nel conversare leale e sincero. Dignitoso oltremodo serbò un carattere nobile e generoso, non disgiunto dall'amorevolezza ed affabilità delle maniere. Ma negli ultimi giorni di sua vita fu assalito da una specie di misantropia, e si tenne sciolto e lontano dagli amici, poco badando all'esteriorità delle forme. Il suo spirito, sdegnando le miserie umane, vagheggiava un altro ordine di cose e viveva immerso in profonda meditazione col testimonio infallibile della sua coscienza pura e incontaminata.
Pochi uomini sono stati così laboriosi e così teneri delle cose patrie, come fu [[Leopoldo Pagano]] di Diamante. I Calabresi non lo dimenticheranno per certo. Il suo nome va unito con quello della terra natìa, alla quale consacrò il suo ingegno e i suoi forti studi.
Napoli, 9 giugno 1874 - Vincenzo Pagano


==Opere==
==Opere==
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[[Categoria:Personaggi]]
[[Categoria:Personaggi]]
[[Categoria:Scrittori Calabresi]]

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Grande storico e scrittore, Leopoldo Pagano nacque a Diamante il 23 maggio del 1815, fu consacrato sacerdote nel 1838, laureandosi a Napoli in lettere e filosofia. Nel 1839 fu nominato Maestro di Agricoltura di Diamante, tenne cattedra di lettere italiane e latine nel seminario di San Marco e Bisignano. Divenne canonico della Cattedrale di Bisignano nel 1846. Aprì scuole private anche a Paola, Bisignano, Rogliano, Policastro e Napoli. Ha insegnato per lo spazio di venti anni Grammatica, Storia, Geografia, Lingua Italiana e Latina, Eloquenza, Filosofia, Teologia, da maestro privato in Diamante, Paola, Rogliano. Collaborò a numerosi periodici e scrisse decine e decine di saggi sulla Calabria. Morì in Napoli il 10 aprile del 1862. Tutta la famiglia dei Pagano fu composta da letterati, tutti nati a Diamante. Un fratello di Leopoldo, Bernardo è sepolto nel cimitero di Diamante.

Fonti: https://www.firmiamo.it/IT/firma-la-petizione/leopoldo-pagano-non-si-tocca-57695

da Luigi Accattatis, Le biografie degli Uomini illustri delle Calabrie, Cosenza, 1877

Leopoldo Pagano nacque nella piccola terra di Diamante nella Calabria Citeriore a dì 23 maggio 1815 da Luigi, discendente di una delle più antiche famiglie, e da Giuseppa Lancellotti di Cipollina. La casa Pagano di Diamante è oriunda della città di San Marco Argentano, dalla quale il suo settimo padre venne, come pare, nel 1648 ad abitare in quell'ameno villaggio , dove il gran principe di Bisignano e di Belvedere, Tiberio Carofa, aveva aperto un asilo . Il suo genitore, Luigi, era molto addentro nelle discipline giuridiche, ed esercitava con lieti auspicii l'avvocheria; onde col lavoro e con la successione paterna ebbe l'agio di formarsi una mediocre proprietà, a fine di educare i suoi figli, dirigendoli specialmente allo studio delle lettere, di cui viveva teneramente appassionato. Scrisse alcune poesie campestri, e molte allegazioni per ufficio della professione.

Leopoldo Pagano prescelse la carriera ecclesiastica, e fu ordinato sacerdote nel marzo del 1838 per le mani del proprio Vescovo Felice Greco in San Marco. Dietro aver servita la sua Diocesi con le più belle e generose intenzioni fu nel 1846 nominato Canonico della Chiesa cattedrale di Bisignano da Mariano Marsico, ch'era succeduto al Greco, e che molto lo pregiava.

Fu nominato confessore utriusque sexus nel 1842 per la Diocesi di San Marco e Bisignano, e nel 1848 per l'Arcidiocesi di Cosenza. Ebbe patenti di predicatore quaresimale per le chiese di Diamante, San Marco, Bisignano; e sostenne con maschia eloquenza la parola divina. - Ma non occorre conoscere quanto egli abbia meritato per incarichi ed onori ecclesiastici, e nemmeno le vicende della sua breve vita, ch'egli divise fra le cure ecclesistiche, la scuola e gli affari domestici.. Dove si distinse fu nello studio delle memorie patrie.

Nel 1839 fu nominato maestro di Agricoltura in Diamante con l'ufficio dell'Intendente della provincia Andrea Lombardi, uno dei suoi esimii estimatori e protettori; e poi maestro privato di belle lettere e filosofia con decreto del 18 febbraio 1847, essendo stato prima licenziato in lettere amene e filosofia nel 3 dicembre 1845 con diploma dell'Università di Napoli.

Fu aggregato, come socio corrispondente, a dì 11 aprile 1839 all'Accademia Cosentina; nel 2 aprile 1840 all'Accademia Florimontana di Monteleone; nel 21 luglio 1840 Alla Società Economica della Calabria Citeriore; nel 1° luglio 1841 a quella degli Affaticati di Tropea; nel 1842 agli Zelanti di Acireale; nel 1844 all'Arcadia di Roma; nel 1851 agl'Industriosi d'Imola, ed alla Società Aretina di Arezzo in Toscana.

Le occupazioni di pedagogia e d'istruzione letteraria e scientifica del Pagano cominciano dal 1834. Ha insegnato per lo spazio di venti anni Grammatica, Storia, Geografia, Lingua Italiana e Latina, Eloquenza, Filosofia, Teologia, da maestro privato in Diamante, in Paola, in Rogliano, in Napoli, e ne' seminarii di San Marco e Bisignano. Fu invitato per insegnare in Policastro, in Aprigliano e in altri luoghi. Dovunque si recò lasciò desiderio grande di sè, specialmente in San Marco e Bisignano, teatro delle sue glorie.

Tenne corrispondenza con parecchi uomini illustri, fra i quali ricordiamo Vito Capialbi, Andrea Lombardi, Cesare Marini, Luigi e Vincenzo Greco, Giulio Minervini, Vincenzo Lomonaco, Antonio Mirabelli, Giuseppe Campagna, Filippo Cirelli , De Ritis , Raffaele Valentini, Pietro Giannone, Ferdinando Scaglione ed altri molti.

Il canonico Leopoldo Pagano consacrò tutto se stesso a benefizio delle lettere e della storia patria. Se nonchè bisogna conoscere l'indole del suo ingegno ed il genere degli studi ai quali si era massimamente applicato. Aveva un ingegno eminentemente critico; ma essendo dotato di somma moderazione, e propostasi la investigazione del vero, la critica di lui è retta, nè reca altrui noia e spavento, come di leggieri si può ravvisare nelle sue scritture. - Gli studi a cui maggiormente si era dedicato, senza dimenticare gli studi ecclesiastici, ai quali era chiamato dal proprio stato, furono la Letteratura e la Storia di Calabria. Nella prima immaginava un nuovo sistema filologico; e merita di esser letta la difesa del sonetto di Onofrio Minzoni intorno la morte di G.C., ch'era stato aspramente censurato dal Foscolo, e i quatro discorsi concernenti l'andamento delle scuole di belle lettere ed un nuovo sistema di filologia universale e secondaria, dove sono sparse alcune idee nuove e profonde, e la lettera intorno agli studi della lingua italiana. Aveva raccolta buona materia per un Dizionario di barbarismi della lingua italiana, che poteva servire di giunta al Vocabolario universale di Napoli. Nel 1846 il suo articolo riguardante il sonetto di Minzoni ebbe in Cosenza applausi, ma da quei pochi che per doti d'intelligenza si sollevavano sopra la corrente. La universalità, letto il titolo, avea sogghignato, non per la bontà della materia, ma perchè lo scritto non era sentimentale. Ma l'autore amava più la severità della critica, che la forma poetica dalle rosee tinte.

Rispetto alla Storia di Calabria, messi da parte parecchi scritti con erudizione ed eleganza, è bastante ricordare le tre dissertazioni topografiche, orteologiche e storiche delle tre città italo-greche di Lao, di Tempra e di Terina. La prima è stata pubblicata negli Atti dell'Accademia Cosentina, e poi nel giornale Napoletano Il Progresso. In esso si stabilisce il sito della città di Lao, la quale era posto un poco al di sopra di Scalea. - Con l'altra dissertazione, messa a stampa pure negli Atti sovraccennati, l'autore ventilando le varie opinioni degli scrittori moderni intorno al sito di Tempra, colloca quella città nel lido occidentale della Calabria, e propriamente a Cedraro con la scorta della Tavola Teodosiana. - Con la terza dissertazione conferma il sito di Terina essere in Tirena nel contado Nocerino. Se l'autore vi avesse aggiunta la dissertazione di Cirella e di Clampezia, che fu per molto tempo manoscritta, avrebbe presentato il più accurato, esatto e minuto trattato dei siti antichi della Calabria Occidentale, dal fiume Mercurio al fiume Savuto. Ma l'opera che rende immortale il nome di Leopoldo Pagano è la Storia generale della Calabria, della quale uscirono alcuni saggi nel Pitagora l'anno 1845. Quest'opera può dirsi la somma, il compendio e lo scopo di tutte le sue fatiche; ed è tratta da un ricco materiale ammonito da lui medesimo col titolo di Selva Calabra. Sono quindici volumi manoscritti , dove si trovano raccolte le più rare e peregrine notizie archeologiche sulla Calabria, le quali interessano eziandio l'intera nazione italiana . Ci ha lavorato indefessamente dal 1834 al 1862, epoca della sua morte.

Il Pagano, quantunque distratto per le cure della scuola, per gli uffici ecclesistici e per gli affari domestici, attese tuttavia con indomita costanza a scrivere, e fin dal 1838 mandò per le stampe le sue produzioni. Collaborò in diversi periodici letterari, e specialmente i suoi scritti fregiano le colonne del Calabrese di Cosenza, del Pitagora di Scigliano, del Maurolico e della Fata Morgana di Messina, dell' Omnibus, del Poliorama, del Filiatre Sebezio di Napoli. Fu collaboratore nel Regno illustrato delle Due Sicilie, dove pubblicò la Monografia di Bisignano, siccome nel Dizionario Topografico avea pubblicata quella di Buonvicino. - Nell' Enciclopedia dell'Ecclesistico furono inserite le due dotte memorie sopra le Chiese di Bisignano e San Marco e sopra Rossano, col titolo di Cenno storico; le quali memorie vennero accolte con plauso dagli amatori delle cose patrie, e in particolar modo quest'ultima, in cui l'autore aveva spiegato un acume di mente non ordinario. Una memoria sulle febbri intermittenti di Cosenza fu premiata da quell'Accademia. Altre Accademie come la Pontaniana di Napoli, elogiavano le sue elucubrazioni, e ne facevano gran conto.

L'ingegno di Leopoldo Pagano raccolse una ricca messe in tre vasti campi: nella Letteratura, nella Storia patria, nella Teologia. Sopra quest'ultima avea apparecchiato un saggio d'idee storiche, filosofiche e teologiche sull'Immacolato Concepimento, opera rimasta tuttavia inedita, e quasi in abbozzo. Pubblicò soltanto il rendiconto dei materiali dati alla luce sopra questo soggetto in forma di lettera apologetica, che fu indirizzata al Sommo Pontefice Pio IX.

La novità delle indusioni topografiche, etnografiche e storiche, l'arditezza delle divinazioni, la vastità e la giustezza dell'erudite cognizioni e la concisione e nettezza dello stile fanno pregiare assai le produzioni del Pagano. Parlando della memoria dei Focesi e Tirreni di Enotria, la quale entra nella parte preliminare e polemica della storia di Calabria, egli stesso scriveva: «Quest'ultima dissertazione mi avea costato grandi fatiche, ma io era assai contento del lavoro che mi avea trasportato a scoperte ed opinioni, le quali mi aveano fatto meravigliare. Io ci vedea una specie d'inspirazione. Il lavoro ora ha molto avanzato di queste doti, che cotanto apprezzava. Io bramava di passare oltre. Dimenticate le lodi e disprezzando le minuzie e guardando solo ne' valenti e grandi scrittori, conobbi quanto mi mancava per seguire il corso dei lumi del secolo; ma non mi sconfortai, e raddoppiando gli sforzi, mi volsi alla nuova via, che doveva battere.» Queste parole egli lasciava scritte nel 1849 tra le sue carte. Infatti dirizzò la mente alla nuova via, e scrisse lavori di maggior lena. Prodotto di questi suoi nuovi studi fu la Vita di Pietro delle Vigne, che mandò all'Accademia Pontaniana, e dalla quale ebbe l' accessit nel concorso a premio. L'opera è inedita, e si conserva negli archivi della prefata Accademia, aspettando la mano benigna, che la tragga dalle tenebre per dovere di patria carità. Egli rannodava così la storia di Calabria a quella generale dell'Italia, illustrando un periodo importante della nostra vita civile e letteraria.

Nel 1844 fu invitato a coprire la rubrica della storia patria del Calabrese, giornale che si stampava a Cosenza. Il sig. Saverio Vitari, che n'era il Direttore, gradì con molta cortesia i suoi primi articoli, ed ai 16 agosto di quell'anno gli scriveva così: « Io non so lusingarvi, ma posso accertarvi, che tutti i lettori del Calabrese hanno in pregio il vostro lavoro, e vi scorgono una immensa capacità e diligenza nello scrivere. Gli articoli di tal modo saranno sempre estimati per la erudizione che vi si contiene.» Alludeva agli scritti sulla circoscrizione civile ed ecclesiastica di Calabria nel medio evo.

Leopoldo Pagano non ebbe parte alcuna nei movimenti politici per l'azione. Ma vi partecipò nel campo del pensiero, illustrando nella quiete degli studi le memorie patrie, e risvegliando i morti, per essere di esempio ai vivi. De' chiari uomini dir si debbono le lodi, pose per motto ad una sua scrittura. - Nella vita praticò quella massima di Alessandro Manzoni; bisognerebbe pensare più a far bene che a star bene; e ne porse l'esempio, scendendo nel sepolcro in età immatura, di anni 47. Fu sobrio, laborioso ed onestissimo. Ciò che veramente lo distingueva era la rettitudine dell'animo e la fermezza del carattere. Ma i buoni quaggiù soggiacciono alle ire dei tristi e infingardi. Divenuto segno della più cieca e irraggionevole invidia, si ritrasse in Napoli, ove giunse nel 4 agosto 1852, eleggendo un genere di vita quieto e modesto, che gli dava la bella opportunità di ripristinare la sua cagionevole salute e di potere nel silenzio e nella pace continuare una vita esposta a tutte le insidie, a tutti i disagi e a tutti gli obbrobri. - Cessò di vivere ai 10 aprile 1862 coi conforti della religione, mentre il suo ultimo fratello Vincenzo, ahi inconsolabile per l'acerbo dolore, gli sedeva a fianco lagrimando! Così si estinse la sua preziosa esistenza, e non se ne fece motto, passando quasi inosservata. Ora incomincia a risorgere.

Leopoldo Pagano fu alto della persona, avea neri i capelli; larga la fronte e spaziosa; il volto ispirava fiducia e maestà insieme. L'avresti detto al solo vederlo, uomo serio e virile. Le sue sembianze portavano scolpiti i lineamenti della verità e della giustizia; sembrava il tipo di un uomo antico, come se fosse nato in Roma o nella Grecia. Nel parlare era arguto e sentenzioso; nel conversare leale e sincero. Dignitoso oltremodo serbò un carattere nobile e generoso, non disgiunto dall'amorevolezza ed affabilità delle maniere. Ma negli ultimi giorni di sua vita fu assalito da una specie di misantropia, e si tenne sciolto e lontano dagli amici, poco badando all'esteriorità delle forme. Il suo spirito, sdegnando le miserie umane, vagheggiava un altro ordine di cose e viveva immerso in profonda meditazione col testimonio infallibile della sua coscienza pura e incontaminata.

Pochi uomini sono stati così laboriosi e così teneri delle cose patrie, come fu Leopoldo Pagano di Diamante. I Calabresi non lo dimenticheranno per certo. Il suo nome va unito con quello della terra natìa, alla quale consacrò il suo ingegno e i suoi forti studi.

Napoli, 9 giugno 1874 - Vincenzo Pagano

Opere